La Sicilia secondo mia.         Español


Agosto 2014.

Per soddisfare le richieste di informazioni che ogni primavera mi fanno gli amici, ecco una breve guida della Sicilia turistica, secondo i miei gusti, coi posti da vedere, le cose da mangiare e i vini da bere [per i vini, vedi le note a fondo pagina]. Ricordando sempre il primo principio della termodinamica siciliana: in luglio e agosto si sta al caldo e in coda. Il percorso parte da Messina e procede in senso orario.

Messina non merita la visita, ma se avete un po' di tempo, una sosta da Doddis, in via Garibaldi 414, può giustificare la prima granita, il primo cannolo o la prima cassata del viaggio. Sappiate che la crema di ricotta di Messina, meno dolce e più vellutata, è la più buona di tutta la Sicilia. Anche la pignolata, che d'aspetto ricorda un cervello, andrebbe provata, sebbene quella di Irrera, a piazza Cairoli, sia migliore.

La prima tappa del giro potrebbe essere Taormina, la località più turistica di tutta l’isola, un po’ cara e leziosa, che però una visita la merita. Taormina ha alberghi di tutti i livelli, permettendo di trovare la sistemazione adatta ad ogni tasca, anche se il rapporto qualità/prezzo non è dei migliori. Scadente la qualità media dei suoi ristoranti: non andate a caso, ma scegliete in base a una guida di cui vi fidiate. Di recente ho mangiato una buona pizza a Villa Zuccaro, un bel ristorante con giardino vicino a piazza Duomo. Passeggiare su e giù per il corso, magari fermandosi a prendere un gelato in uno dei bar della piazza dà le sue soddisfazioni. Se saltate la visita al teatro greco, non vi preoccupate: di teatri greci in Sicilia ce n’è a bizzeffe.

Da Taormina, passando da Zafferana, in un’ora si arriva al rifugio Sapienza, sul lato sud dell’Etna, a 1900 m, dove potete parcheggiare e in tre minuti esplorare uno dei due crateri Silvestri, soddisfacendo il vostro spirito di avventura con pochissimo sforzo. Sull’Etna troverete dieci gradi di meno di quando siete partiti, chi è freddoloso lo tenga presente. Se invece volete farvi il mazzo, in sei ore tra funivia e piedi, potete raggiungere il cratere centrale (e tornare), altri 1400 m di quota e un'altra decina di gradi di meno.

Proseguendo verso Catania, conviene scendere da Nicolosi, dove ci si può fermare al Bar Vitale, in piazza Oberdan, per una valida granita con briosce o per un gelato.

Neanche Catania meriterebbe una tappa, ma se ci passate visitate il teatro greco-romano in via Vittorio Emanuele, il monastero dei Benedettini (oggi università) e la pescheria. In città tenete presente questi tre bar/pasticcerie, abbastanza facili da raggiungere: Savia in via Etnea all'angolo con via Umberto e, sul lungomare, il Bar Europa in piazza Europa ed Ernesto in viale R. Di Lauria, 91 (il lungomare). Scomodo per parcheggiare, ma ottimo per qualità, è Quaranta, ad Ognina, composto da due locali adiacenti, uno per i dolci e l'altro per la tavola calda. In ognuno di questi quattro bar la qualità degli arancini è garantita.

A Catania le donne trovano irrestibile la fiera, un mercato all'aperto che si annida a lato di corso Sicilia. Aperto tutte le mattine (tranne la domenica), pare che ci vengano personalmente Armani, Gucci e Prada travestiti da vucumprà a vendere le proprie creazioni a prezzi stracciati. Per una pizzeria, la sera, il mio consiglio è di andare a San Giovanni li Cuti, un curioso ex villaggio di pescatori, oggi inglobato nel lungomare di Catania. Tra i diversi locali il mio preferito è I Cuti Lisci. Tra i ristoranti non sono in grado di consigliarne alcuno, se voglio mangiare pesce spendendo poco, preferisco andare a Capo Mulini, in uno qualunque dei dieci ristoranti in fila sul mare.

Di solito mangiare il pesce nel catanese segue un rituale: prima si sceglie il pesce, tra quello esposto sul bancone, e poi ci si siede ad aspettare che venga cucinato. Il mio ristorante preferito si chiama La Grotta [1] e sta a Santa Maria la Scala, frazione di Acireale. Ha pochissimi tavoli, difficilissimi da prenotare nello stesso giorno, ma vale la pena. Anche qui, appena arrivati si sceglie il pesce: gamberoni e calamari per l'insalata di mare e spigole od orate per la grigliata, il tutto condito soltanto col salmoriglio. Niente fronzoli: a parte gli spaghetti non fanno altro ed anche la lista dei vini è carente, ma, ripeto, ne vale la pena ed ad un prezzo che di regola non è eccessivo.

Acireale un tempo vantava ottime pasticcerie che però sono tutte sparite. Ma per capire l'importanza che i siciliani danno alla colazione si può andare al bar Nevaroli in viale Kennedy 56, un palazzo dedicato quasi interamente alle granite e alle briosce. Per i non avvezzi alle quantità siciliane, ricordate che si può chiedere anche la mezza granita, una dose più adatta agli stomacucci dei continentali.

A meno di un'ora da Catania c'è l’isola di Ortigia, l’antico centro di Siracusa, dove vale la pena di fermarsi a dormire e a mangiare (per es. il pesce da Iannuzzo). Ortigia è un posto gradevole, turistico quanto basta per tenerlo pulito e curato, ma non troppo affollato. Girare per le sue viuzze, incontrando il mare di quando in quando è piacevole. Da vedere: la fonte Aretusa ed il duomo, ex tempio greco dorico scempiato dai cristiani. In un angolo di piazza Archimede, al Bar Le Antiche Siracuse, conviene mangiare almeno un arancino. A Siracusa, fuori da Ortigia, sono comunque da visitare il teatro greco e le latomie (cave di pietra) nel parco archeologico.

Nei dintorni, una eventuale deviazione si può fare per Palazzolo Acreide, sede del teatro greco più piccolo del mondo e della pasticceria Corsino. Continuando verso sud c'è Noto, col suo barocco e col Caffè Sicilia. Le cose da vedere sono tutte sul corso principale, non si perde troppo tempo, ma se fa caldo meglio evitare la visita. A dieci km ci sono le spiagge di Noto Marina, che hanno il mare più caldo di tutta la Sicilia, le docce senz'acqua, ed una folla inverosimile d'estate. Se ci si capita comunque, meglio andare oltre l'hotel Eloro, continuare sulla strada sterrata, parcheggiare e scendere nello spiaggione libero. Se si ha voglia di camminare, oltre a questo prima spiaggia ce ne sono delle altre in direzione dell'oasi di Vendicari, tutte raggiungibili soltanto a piedi e quindi ancora meno affollate.

Più a sud, un’interessante escursione nella natura si può fare nell’oasi di Vendicari, dove si può naturalmente fare anche il bagno. Davanti alla tonnara, l'acqua trasparente e la sabbia bianca danno l'impressione di una spiaggia caraibica, circondata da una spiaggia coperta di posidonia. La presenza di tante alghe immerge i naturalisti in un brodo di giuggiole (testimonia il mare pulito), anche se un po' puzzolente, per quelle che si putrefanno.

Pochi km ancora più a sud fu gradevole la piazza Regina Margherita di Marzamemi, in cui si può cenare al ristorante La Cialoma, talvolta bene e talvolta male. Ai giorni nostri è completamente ricoperta dai tavolini ed ha prezzi degni della costiera amalfitana. Per dormire è meglio andare da un’altra parte. Per esempio, tornando indietro al Turismo Rurale Avola Antica (www.avolaantica.it), ottimo anche per mangiare, che però bisogna raggiungere con google, visto che lì le mappe del tomtom sono sbagliate.

Se non c’è molto caldo si può dormire a Modica (a un’ora da Marzamemi), dove la Michelina consiglia il palazzo Failla per mangiare e dormire nel lusso. Il centro di Modica è sostanzialmente incorrotto dalla modernità e dà una buona impressione di quella che era la Sicilia del secolo scorso.

A 5 km da Cava d'Aliga, la masseria Boscorotondo offre una sistemazione gradevole ad un prezzo ragionevole. Da lì le spiagge di Sampieri (senza docce) e di Donnalucata (con docce) sono facilmente raggiungibili.

Altrimenti si può andare a Ibla (l’antico centro di Ragusa), bella e pittoresca, dove gli alberghi e i ristoranti consigliati dalla Michelina abbondano: Locanda don Serafino (caro), Caelium Hiblae e il ristorante il Duomo (carissimo), U Saracinu (buonmercato) [2]. Questo sulla carta, nella realtà la Locanda don Serafino non l'ho trovata: Google maps porta solo all'albergo; al Duomo c'è stata una coppia di amici che può permetterselo e sono stati trattati male; al Saracinu stavamo entrando, ma la presenza sul menù della paella valenciana mi ha fatto desistere. Alla fine siamo andati al ristorante Il Barocco e ci siamo trovati bene. Sul mare, invece, località carine per dormire (e fare il bagno la mattina dopo) sono: Pozzallo, Sampieri, Cava d’Aliga, Donnalucata e Marina di Ragusa anche se hanno alberghi mediamente scalcinati. A Marina di Ragusa la Michelina consiglia il ristorante da Serafino. Per dormire siamo finiti all'Artemisia Resort nei dintorni di Ragusa, trovando un rapporto qualità/prezzo eccellente. Un'ottima soluzione se non dovete andare al mare ogni mattina.

Da Ragusa si va direttamente alla Valle dei Templi di Agrigento, 125 km in due ore e mezza, senza fermarsi lungo la via, perché non ne vale la pena. Visitata la zona archeologica in un paio d’ore, si può raggiungere in venti minuti la Scala dei Turchi a Realmonte, una scogliera calcarea molto particolare, che lascia realmente impressionati; però io ci sono stato in bassa stagione, non se con la folla e il caldo l'impressione sarebbe stata la stessa. Molto bella anche la spiaggia della Riserva naturale di Torre Salsa, una mezz’ora più avanti, anche se bisogna camminare per raggiungerla. Così come sono belle le rovine di Eraclea Minoa, un quarto d’ora ancora più ad ovest.

Altri 40 km e si arriva a Sciacca, graziosa cittadina in cui conviene mangiare il pesce al ristorante Porto San Paolo, in Via San Paolo, 7, magari in terrazza.[4] Oppure, nei dintorni, a Villa Palocla, dove si può anche dormire in delle stanze carine che hanno però un difetto: il bagno troppo piccolo e niente bidet.

Più avanti, alcuni ricordi mi si sono sbiaditi nella memoria: a Selinunte penso che i resti archeologici siano sempre sulla spiaggia, e che la visita dell’isola fenicia di Mozia nello Stagnone di Marsala sia ancora suggestiva. Di certo lo è la sua visione dalla terraferma mentre si va verso le saline di Trapani, perché ci sono passato tre mesi fa.

Quarant’anni fa Trapani [5] mi sembrò la città più brutta della Sicilia, ma oggi è molto migliorata e ancora migliorabile. Il centro storico merita di essere visitato, ci si imbatte anche nella casa del sommo idraulico Leonardo Ximenes, ma non in quella del magnifico elettricista che forse abitava in periferia.

Non è cambiata invece Erice, quella in alto, spesso avvolta nella nebbia, che non sembra Sicilia per niente, in cui visitare il castello di Venere, da cui si vedono Trapani, le saline, Mozia e le isole Egadi, e la pasticceria di Maria Grammatico, la cui fama è però esagerata.

Sono indeciso se consigliare San Vito lo Capo, la cui spiaggia è ancora bella, ma incredibilmente ancora più affollata di trent'anni fa, con molti più alberghi, e dove oggi fanno il cuscus di pesce quasi in ogni ristorante. Dall’altro lato del Capo, non collegato da alcuna litoranea, merita la visita Scopello, specie se si trova alloggio (carissimo) alla tonnara. Ai tempi del liceo, il bagno tra i faraglioni di Scopello era considerato il migliore.

Castellammare del Golfo può essere una sosta gradevole. Io ho sperimentato l'hotel Al Madarig, ha stanze gradevoli sulla piazza, ma piuttosto buie sul retro, una buona colazione, ma col succo d'arancia chimico, mentre nei dintorni le arance marciscono sugli alberi.

Continuando verso est si arriva a Palermo, che io cerco sempre di evitare, per il traffico e l'impossibilità di trovare parcheggio. Per attraversarla e continuare verso Messina si è comunque obbligati a percorrerne l'intasata tangenziale. Chi se la sente di visitarla può trovare in rete tutte le cose da vedere in città, io mi limito a suggerire il museo archeologico (in cui è esposta la Pietra di Palermo) e tre bar: Pasticceria Scimone, via Imera, 8; Pasticceria Macrì, via Carini, 42; Pasticceria Mazzara, via generale Magliocco, 19.

Superata Palermo, merita la tappa Cefalù, seconda meta turistica dell’isola, carina, con un bel lungomare, alberghi di tutti i tipi, botteghe artigiane e ristoranti di pesce con vista sul mare.

Inaspettatamente carina è Gioiosa Marea, straripante di panchine, in cui posso segnalare due ristoranti (qui è zona di pesce spada) che meritano: il Canapé nella piazza lungo la statale e la Vecchia Posta in via Mazzini 44. Vicino, c'è il mare di capo Calavà, senza infamia e senza lode.

Nell'interno, a Sinagra, una mia amica [6] mi ha segnalato la macelleria/ristorante dei fratelli Borrello in Contrada Forte, in cui gustare il prosciutto di maiale nero dei Nebrodi.



La pignolata di Messina.


Taormina. L'isola Bella, e impossibile d'estate.


Un cratere Silvestre. Si visita in tre minuti.


La siciliana di Zafferana.


La granita di mandorla e la brioche. Ma si può avere anche di caffé, di caffé con panna, mista di mandorla e caffé, di mandorla e pistacchio e, in estate, di gelsi.


Il catanese.


L'isola di Ortigia, antico centro di Siracusa.


Nell'orecchio di Dionisio (Latomie).


Una famigliola in spiaggia a Noto Marina.


Le spiagge libere a sud di Noto Marina.


La piazzetta di Marzamemi.


A Modica non si spende tanto.


Ragusa Ibla, dove girano Montalbano.


Agrigento. La valle dei templi.


Mozia.


E non vi dico i prezzi.


Erice.


Scopello.


Al Madarig a Castellammare.


Cefalù.


Una pasta di mandorla.


Il cannolo. Di regola di ricotta.



I vini siciliani

Una ventina di anni fa diversi viticoltori, italiani e stranieri, scoprirono che il terroir siciliano rendeva bene e costava poco. Reimpiantarono alcuni vitigni autoctoni e vinificarono come si deve. Dieci anni fa nacquero diversi buoni vini che avevano anche un prezzo contenuto. Poi, l'avidità umana e la faciloneria dei siciliani portarono ad un aumento del prezzo e ad una diminuzione della qualità.

Oggi, stappando un vino siciliano c'è il piacere della sorpresa: di scoprire se lo fanno ancora bene o lo hanno rovinato. Ad ogni modo, i vini seguenti li ho bevuti e al momento li trovai buoni:

Abraxas – Kuddia del Gallo (Zibibbo & Viognier) (lavorato a secco), bianco.

Alessandro di Camporeale – Kaid (Syrah), rosso.

Avide – 3 Carati (Nero d’Avola), rosso.

Benanti – Rovittello (Nerello mascalese & Nero cappuccio), rosso.

Cantina sociale Trapani – Forti terre il rosso (Nero d’Avola & Cabernet Sauvignon), rosso.

Cos – Rami (Insolia & Grecanico), bianco.

Cos – Vastunaca rosso (Cerasuolo di Vittoria), rosso.

Cusumano – Cubia (Insolia), bianco.

Gallo dei Bardi – Etna rosso (Nerello mascalese), rosso.

Maurigi – Coste all’Ombra (Sauvignon blanc), bianco.

Settesoli – Bendicò (Blended), rosso.

Zenner – Terra delle Sirene (Nero d’Avola), rosso.



La cassata siciliana, versione catanese.


Gli arancini al sugo. Ma si possono avere anche al burro.


Si chiamano cassate anche queste, ma sono gelati.


La cassata al forno, si trova solo nel palermitano.



Note.

[1] Apparentemente il ristorante preferito anche da Robert De Niro quando girava il Padrino a Savoca e a Forza d'Agrò. A sentire il titolare don Carmelo, De Niro e Scorsese venivano qui ogni sera.

[2] A Ragusa i blog consigliano la pasticceria Di Pasquale.

[4] Bar Roma / La granita da Aurelio, Piazza Dogana, 12 – Sciacca.

[5] Pasticceria Colicchia, Via delle Arti, 6 – Trapani.

[6] Francesca Bombarda.



Panzerotti (a Catania), genovesi (a Palermo).



Ultima modifica il 2 settembre 2014.

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