Il destino sinistro.

Prima di decidere il destino di Chuck Norris, le Moire preferirono consultarlo.

Ferruccio prese a sinistra, il sentiero s'inoltrava nella vegetazione, probabilmente era il bosco che aveva incontrato all'andata.

Ben presto, però, non capì più dove si trovava. Vagò nel bosco per un paio d'ore, poi si sedette stanco e un po' sconsolato mentre scendevano le ombre della sera. Certo, se si perdeva in un boschetto vicino Napoli, quando mai ci sarebbe arrivato nel Docazzostan. Quando fu tutto buio vide un lumicino lontano, lontano. Per fortuna ebbe un'intuizione: cammina, cammina.

Arrivò ad una casetta di campagna e bussò alla porta. Un contadino aprì e il nostro eroe gli chiese se poteva accompagnarlo al parcheggio. Ma certo, per cinquanta euri lo avrebbe accompagnato ovunque. Peccato che nel frattempo gli avevano rubato la macchina. Il contadino, gentilmente, si offrì di portarlo alla stazione ferroviaria (per altri cinquanta euri).

Ferruccio ritornò nella sua città. Era di umore nero, tutto sembrava andare storto, ma era in questi casi che si intestardiva e prendeva le decisioni. Ebbene sì, sarebbe andato a cercare la principessa e, se necessario, avrebbe anche ucciso un drago per lei e vediamo se non s’innamorava.

Si iscrisse perciò ad un corso accelerato per cavalieri e, dopo diciotto mesi di lezioni e combattimenti, prese il diploma di uccisore di draghi fino a tre teste.

Chiese allora al suo amico Erasmo di accompagnarlo nella ricerca dei draghi. Non è che Erasmo fosse entusiasta: si stava preparando per un concorso e questa storia dei draghi non gli piaceva, comunque alla fine si convinse ed entrambi partirono per il lungo viaggio. Erasmo era anche lui un giovane comune, assillato dal desiderio di vincere un concorso e sistemarsi. Aveva però una cultura enciclopedica e una rara abilità nello sciogliere indovinelli, qualità preziosa in questo genere di viaggi.

Decisero di andare in moto: era più scomodo, ma più pericoloso. Attraversarono la Grecia e giunsero a Bisanzio. Costeggiarono il lato settentrionale del mar Nero e giunsero alle pendici del Caucaso in quello che era stato l’antico regno dei Circassi.

All’interno, nella nuova repubblica di ***, si diceva che vivesse un temibile drago. Il paese era governato da un dittatore locale, ex gerarca del passato regime, durante il quale, sembra, fossero state compiute nefandezze talmente indicibili che nessuno osava parlarne.

I due andarono subito nella capitale, al palazzo di Rivelinov, l’uomo privo di scrupoli che, pur muovendosi molto poco, aveva una potenza eccezionale, per chiedere a lui stesso notizie del drago.

Rivelinov era, come sempre, sospettoso nei confronti di tutto e di tutti, però, visto che questi promettevano di togliergli una seccatura, senz’altra ricompensa che la gloria e la magica testa del drago, alla fine si lasciò convincere e fu anche prodigo di spiegazioni.

Il terribile drago Odoardo il Grosso (questo era il nome del drago) viveva nelle caverne del monte Aguz, dalle quali usciva ogni dodici lune per esigere un tributo di vite umane: dodici vergini senza efelidi e dodici calciatori di serie A.

Una volta i sudditi si erano rifiutati di pagare il tributo; Odoardo, allora, era sceso dal monte e, giunto in città, aveva bruciato col suo alito l'intera cerchia delle mura causando danni per un centinaio di milioni.

Ringraziato il re per le informazioni, Ferruccio ed Erasmo decisero di fermarsi qualche giorno in città per conoscere la cultura locale. Avevano notato, tra l’altro, che le donne del luogo erano di una bellezza eccezionale.

- Non è un caso che i pascià turchi venissero qui per rifornire gli harem! - fece notare Erasmo.

- E gia! Le odalische circasse. Pensare che io credevo fossero orientali, invece sono proprio caucasiche! E quante gemelle!

Insomma, per approfondire la cultura locale, passò la primavera e poi l’estate, finché al terzo rinnovo del permesso di soggiorno, gli stampigliarono l’ingiunzione di Rivelinov: E allora 'sto drago?

A malincuore fecero i bagagli e si incamminarono verso il monte Aguz, che si trovava a sud, vicino al confine della repubblica. Dovettero attraversare le pericolose paludi infestate dai Lacostes, i terribili coccodrilli con la maglietta; solcare la prateria dell'Arbalà e salire fino al passo del Quizzer dove furono sottoposti dal terribile Sfincione, altro animale mitico, dal corpo di pizza e dalla testa di cipolla, e tutto intriso d'olio, ad una serie d'indovinelli fatali, che solo grazie all'abilità di Erasmo riuscirono a sciogliere, salvando la vita e vincendo anche 700 euri in gettoni d'oro.

Percorsero quindi il magico altopiano del Narghilè, in cui di notte si rimescolavano gli alberi e le indicazioni, rendendo veramente difficoltoso orientarsi.

Mesi durò questo attraversamento e Ferruccio per sette volte si scoraggiò e pensò di desistere. Ma per sette volte gli apparve in sogno la bellissima principessa, che gli prendeva le mani, lo faceva alzare, lo stringeva a sè e con un bacio gli infondeva forza e coraggio. Ah, come aveva potuto quasi dimenticarsi di lei nelle calde notti circasse! Ferruccio allora si svegliava di soprassalto, eccitato, e scuoteva il povero Erasmo dormiente spronandolo a riprendere il cammino.

Giunsero al bivio più temuto, quello dove il cartello indicava Monte Aguz sia a destra che a sinistra. Bisognava chiedere a un viandante. Eccone uno! Manco a dirlo, voleva cinquanta euri per l’informazione. Erano gli ultimi, Ferruccio era preoccupato, ma Erasmo sapeva il fatto suo.

- Ferruccio, ci è rimasta una sola domanda e poiché non sappiamo se quest’uomo mente o dice la verità, farò in modo che non possa ingannarci! Non ho studiato il paradosso del mentitore inutilmente! E si rivolse al viandante.

- Buon uomo, dite: che cosa rispondereste se vi dicessi che quella a destra è la strada che porta al monte Aguz? O, se preferite l'espressione formale: la strada a destra porta al monte Aguz se, e solo se, voi siete veritiero?

- Si! E grazie del cinquantone.

Presero a destra e vagarono per una settimana, prima di ritrovarsi allo stesso bivio. Questa volta andarono a sinistra.

Alla fine, in una notte di luna piena, giunsero alle pendici del monte Aguz e trovarono il drago che, saputo del loro arrivo, era sceso per incontrarli.

L'aspetto del drago era terribile: aveva una sola testa, però magica, che poteva trasformare in altre cinque di diverso tipo, più una di un altro drago morto che portava sottobraccio, per un totale quindi di sette teste presentabili. Nell'insieme era molto simile ad un grosso lucertolone, salvo per un ciuffo di capelli imbrillantinati che stonavano molto col resto dell’insieme. Ferruccio ne fu molto impressionato, soprattutto dalle sette teste, ricordandosi della sua abilitazione valida fino a tre.

Il drago, che tra l'altro parlava, si accorse del disagio di Ferruccio ed esordì dicendo:

- Spero che i signori abbiano fatto un buon viaggio. Mi sono premurato di prenotare due stanze alla vicina locanda del cacciatore; non è un gran che, ma la stanchezza del viaggio non mancherà di attenuare le immancabili manchevolezze. Riguardo più precipuamente voi, signor Ferruccio, non preoccupatevi anzitempo, poichè il nostro combattimento non avrà luogo prima di tre giorni. In questi giorni infatti, ricorre un episodio a me dolorosamente caro e desidero che nulla turbi l'avvenimento. Vi prego anzi di venire a prendere il tè, domani alle cinque a casa mia.

Queste parole sorpresero Erasmo e Ferruccio, che, dopo un ossequioso inchino seguirono il drago fino alla locanda e cerimoniosamente lo salutarono.

- Che te ne pare di questo Odoardo? - chiese Ferruccio più tardi, mentre mangiavano nella taverna.

- Mah, uno strano drago, non sembra tanto male. Un po’ troppo affettato, forse.

L'indomani, alle cinque meno un quarto, i due si incamminarono verso la caverna dove abitava il drago. In realtà Ferruccio era piuttosto inquieto, dopo tutto Odoardo era pur sempre un drago sanguinario, non era azzardato andare così disarmati a casa sua? E se si fosse trattato di un tranello? I pensieri tormentavano Ferruccio che tormentava la scatola di cioccolatini per il drago, alla locanda non aveva trovato di meglio e del resto neanche Erasmo sapeva che cosa si regala ai draghi.

Le difficoltà a trovare la caverna del drago cominciarono a preoccupare anche Erasmo, che temeva che i pasticcini potessero finire. Infine, tuttavia, sotto al cartellone pubblicitario di un dentifricio che dona freschezza all'alito, trovarono l'ingresso alla spelonca.

Il luogo era tetro, carcasse di maiali squartati erano ammucchiate in un angolo, un bue ancora sanguinante era appeso ad un gancio, sparpagliati sul pavimento c'erano teschi e ossa umane. Due ragazze disperate giacevano incatenate in un altro angolo. Nonostante i modi educati, si trattava pur sempre di un drago.

Ma ecco spuntare, cerimonioso come la sera prima, Odoardo il Grosso:

- Oh, ma non dovevate disturbarvi - disse prendendo i cioccolatini.

- Per carità, nessun disturbo, anzi è un piacere - rispose Ferruccio.

- Ed un onore - aggiunse Erasmo.

- Prego, accomodatevi! - facendoli sedere su dei mucchi di ossa e frattaglie - E poiché siete stati così gentili da venirmi a trovare, voglio raccontarvi qualcosa di me, dopo aver detto le solite stronzate sul tempo che abbiamo avuto quest’anno.

Così, dopo una mezz'oretta di banalità, Odoardo cominciò:

- Dovete innanzitutto sapere che io non discendo da un'antica famiglia di draghi: mio padre era un rappresentante di commercio quando rispose ad un annuncio economico per diventare drago, anche se bisogna dire che aveva già l'alito pesante. Mia madre, professoressa di lettere al liceo, dovette lasciare l’impiego e trasferirsi qui. Dapprima era scontenta, ma poi si adattò. Nascemmo noi: Belardone, il grande; io, Odoardo, detto il grosso e infine Gelardo, il minore.

La nostra infanzia trascorse serena. In seguito, quando morì mio padre, andato da poco in pensione, mia madre ritornò in Veneto e qui rimanemmo noi tre fratelli, ormai grandi.

Fu allora che accadde il fatto che avrebbe condizionato la mia vita. Ero in quel tempo fidanzato con una giovane draga di nome Vapona, ne ero molto innamorato e avremmo dovuto sposarci di lì a poco, quando un giorno, tornando inaspettatamente presto dalla caccia, trovai Vapona e Gelardo teneramente abbracciati. Ero inferocito, non mi controllai e li uccisi entrambi con una alitata. Mi pentii immediatamente di quello che avevo fatto, ma era troppo tardi. Seppellii i loro corpi dopo averne spiccata la testa.

In effetti, la testa che tengo qui, sotto braccio, è quella dell'amata Vapona da cui non volli mai più separarmi. Quando Belardone tornò fu molto contrariato dal mio comportamento e si fece trasferire in Canada.

Rimasi qui da solo e poco a poco, un po’ per noia e un po’ per contratto, iniziai a terrorizzare gli abitanti della regione. Tutto questo accadeva esattamente ventun anni fa.

Erasmo e Ferruccio avevano ascoltato attentamente, poi Erasmo chiese:

- Voi, Odoardo, sembrate un drago perbene, eppure si dice che siate feroce con le vittime che vi vengono offerte in tributo.

- In effetti, quando mi stanco di loro le sbrano.

- Dunque, è vero che siete crudele!

- Non esattamente, io sono un drago e non un uomo, le categorie di giudizio sono diverse. È come quando in tv un leone sbrana una gazzella. Il commentatore mica dice: povera gazzella! Dice che il leone mantiene l'equilibrio naturale della savana. E così la gazzella è contenta.

- Signor Odoardo - chiese allora Ferruccio - Avrete capito che io sono venuto fin qui per tentare di uccidervi. Non provate rancore verso di me?

- Caro Ferruccio, se permettete che vi chiami così, ognuno fa il suo mestiere, nessun rancore. Io mi contento di alitare e sbranare. D’altra parte, non crediate che la gentilezza che mostro verso di voi sia sentita, è soltanto il frutto di una educazione molto rigida.

- Se permettete, signor Odoardo, - riprese Erasmo - noi togliamo il disturbo, ci rivedremo dopodomani mattina all'alba, per il combattimento.

- Nessun disturbo, anzi grazie per la visita e per i cioccolatini. E tante belle cose!

L’indomani i due amici si scambiarono le impressioni. - Uno strano tipo, sei sicuro di volerlo affrontare? - domandò Erasmo.

- Guarda, se potessi eviterei, ma la principessa non ne vuole sapere di chi non ha compiuto grandi imprese.

- Vincere il concorso al ministero non basterebbe?

- Per carità, quella gli statali li disprezza!

- Hai visto quelle due poverette incatenate? Che dice il codice cavalleresco, dovrai liberarle? Mi sembra di avere già visto le loro facce.

- Si, secondo il regolamento, ucciso il drago, dovrò liberarle. Ma questo è il meno, il difficile è ammazzare il drago.

- E se ti ammazza lui?

Non mi ci fare pensare! Ah, se davo retta a mia madre! A quest’ora, magari, stavo al ministero a leggere il giornale.

- Beh, possiamo sempre lasciar perdere: basta che domani non ti presenti! Ma ci tieni tanto a ’sta principessa?

- Massì! Il bello è che anche ammazzando il drago non avrei niente di garantito: mi posso solo presentare alle altre prove da superare. Comunque, dev’essere un po’ stronza. Pare che non si sia mai sposata perché ancora innamorata di un antico pretendente, morto in combattimento con un altro drago.

- E allora fatti ammazzare anche tu! Così s'innamora pure di te.

- Già, e che ci guadagno?

- Non lo so. Dai, allenati!

Erasmo a mo' di drago lo attaccava alitandogli in faccia. Il cavaliere parava con lo scudo di amianto e saltava di qua e di là. Fortunatamente aveva ancora una certa scioltezza nello schermare. La sera, forse dell'ultima cena, Ferruccio disse all'amico:

- Prendi tu le cotiche dei miei fagioli. Meglio tenersi leggero prima del combattimento.

La notte fu insonne, ma l'alba, alla fine giunse lo stesso. Ferruccio indossò l'armatura, s'infilò l'elmo, prese la spada e lo scudo e con l'amico si incamminò verso la caverna.

Odoardo era pronto, si era alzato presto per fare jogging e ginnastica, ora era in piedi davanti alla caverna. I contendenti salutarono il pubblico, fecero le solite manfrine per la stampa, poi Erasmo disse:

- Si dia inizio al combattimento!

La lotta iniziò, ma ben presto, poichè i due avversari si rivelarono di pari forza, benché terribile, divenne monotona. Il drago alitava e Ferruccio parava; mentre Odoardo prendeva fiato, Ferruccio menava un fendente che il drago schivava; quindi alitava di nuovo e via dicendo. Sette giorni e sette notti andò avanti il combattimento del secolo (due soli spettatori: le poverette della grotta), fin quando Erasmo, vedendo i contendenti esausti, suonò il gong del primo round.

I due smisero di combattere. Il cavaliere si sedette per terra dopo aver tolto l’armatura, Odoardo si lasciò cadere e, sdraiato, respirava affannosamente:

- Eh, non sono più il drago di una volta, quando ero giovane avrei potuto uccidere con un'alitata dodici cavalieri in un colpo solo, anche se in effetti non mi è mai capitato, ma perchè non beviamo qualcosa?

Entrarono nella spelonca, Odoardo offrì delle lattine di un contenuto rivoltante, giallo come la Fanta, ma tanta era la sete che ne bevvero a garganella.

- Ferruccio, perché non mi raccontate un po' di voi - chiese Odoardo.

- Più che giusto, ci avete raccontato la vostra storia e voi invece, nonostante ci vediamo continuamente da una settimana, non sapete nulla o quasi di me. Debbo dirvi, dunque, caro Odoardo, che non ho nulla di personale contro di voi, anzi per certi versi mi siete addirittura simpatico. Tuttavia, per far colpo su una bella principessa, devo compiere un’impresa eroica e voi sapete bene che di draghi non ne sono rimasti molti.

- È vero, è vero, dunque è solo per cavalleria che combattete contro di me?

- Se volete, potete metterla così.

- Ma non potevate scegliere qualcos’altro?

- Pare che uccidere draghi sia una cosa molto apprezzata dalle principesse. Almeno guardassero il combattimento per dare un po’ di soddisfazione! Macché devo fare tutto da solo e poi la fama deve giungere alle loro orecchie. Alle volte mi chiedo se ne valga la pena. Giovedì ero proprio preso dai dubbi.

- E come mai vi siete deciso a continuare?

- Ormai ci sono dentro, sono mesi che viaggiamo, affrontiamo pericoli e scomodità, abbiamo speso un sacco di soldi, ho rinunciato a un concorso al ministero, non posso lasciare la cosa incompiuta.

- Cioè, ormai non lo fate più per amore della bella principessa?

- Questo no, però più l'impresa prende corpo, più diventa in un certo senso autonoma - concesse Ferruccio. - Ciò che mi fa più rabbia è che quella se ne sta tranquilla nel Docazzostan, anzichè in balìa del drago, come di regola, si dovrebbe.

- Senti, e se risolvessimo la questione amichevolmente?

- Che vuoi dire? Non capisco.

- Miei cari cavalieri, - disse allora il drago - voi sapete che ogni dodici lune vengo rifornito di vergini e calciatori, ma alla mia età comincio a stancarmi del sesso e del calcio, mentre voi siete abbastanza giovani per goderne ampiamente. Non vi nascondo che parecchie delle ragazze che arrivano sono molto carine, e i calciatori non giocano mica male, potrei concedervene una parte e voi potreste rimanere qui a farmi compagnia nella vecchiaia. Di cibo ce n'è in abbondanza e per i conforts ci possiamo mettere d'accordo.

- Prode cavaliere, non ti fidare, uccidi il drago! - Una delle ragazze aveva trovato il coraggio di parlare.

- Odoardo, chi sono quelle due poverette?

- Le uniche rimaste dell’ultimo lotto di vergini. Sono un po’ smandrappate, dovrei sbranarle. Lo farò prima che arrivino le nuove!

- Eppure la loro faccia mi sembra di averla gia vista, il fatto è che sono così incrostate di sporco! Disse Erasmo.

- Più tardi le faccio lavare, - continuò Odoardo - se poi, qualcuno di voi volesse intraprendere la professione di drago, tenga presente che oggi siamo inquadrati come funzionari direttivi, meglio di quando entrò mio padre.

- Ma perché siete statali? - domandò Erasmo con improvviso interesse.

- No, dipendiamo da un’organizzazione internazionale finanziata dagli stati membri, come la FAO, per capirci. Si entra per concorso, anzi ce ne sarà uno tra poco.

Ferruccio raddrizzò le orecchie: - Tra poco? Quando? Come si fa ad avere il bando?

- Ve lo faccio avere io, se vi interessa.

- Ti prego, prode cavaliere, non lo ascoltare, non venire meno al tuo codice d’onore, uccidi il drago e liberaci. - Implorò l'altra ragazza.

- Senti, Odoardo, perché non le fai lavare? - domandò Erasmo.

- Va bene, quattro passi non ci faranno male. - rispose Odoardo. Si alzò, prese le giovani al guinzaglio e tutti si incamminarono verso la sorgente.

- Lavatevi la faccia! - Gridò il drago quando arrivarono vicino all’acqua.

- Odoardo, non vi riconosco più, e la vostra cortesia? - disse Ferruccio.

- Ma quale cortesia, quella è roba da mangiare! Se pensi di fare il drago è meglio che ti abitui alle maniere spicce.

Le due ragazze si sciacquarono il viso, tremando.

- Ehi, ma quelle sono Claudia Schiffer e Cindy Crawford! - esclamò Erasmo.

- Chi sarebbero? - chiese Odoardo.

- Per Giove, è vero! - intervenne Ferruccio, - Che ci fanno qua? Odoardo, siete sicuro che fossero vergini quando sono arrivate?

- Vorrei vedere! Gliele avrei rimandate indietro e avrei fatto un casino!

- Vuoi vedere che…, ma è orribile! Come vi chiamate, ragazze? - interruppe Erasmo.

- Cl.Sc.205.

- Ci.Cr.301.

- È terribile! - riprese Erasmo, Le voci che circolavano sul conto di Rivelinov erano vere, capite: gli esperimenti di genetica!

- Non capisco cosa dici. - disse Odoardo.

- Falle scrostare tutte, avremo la prova che sono loro.

Le ragazze, si immersero nell’acqua liberandosi anche dei miseri stracci che le ricoprivano.

- Insomma chi dovrebbero essere? - chiese Odoardo.

- Le clone di Claudia Schiffer e di Cindy Crawford. Si mormorava che Rivelinov avesse promosso un programma di clonazione umana per i suoi turpi motivi dittatoriali. I loro nomi sono un chiaro indizio. Quando usciranno dall’acqua ne avremo le prove: se saranno uguali alle modelle denunceremo il fatto alle autorità. E alla prossima riunione dell’ONU ne vedremo delle belle!

- Uscite dall'acqua! - gridò Odoardo.

- Madonna, che clone! - non si trattenne Ferruccio.

Le ragazze si infilarono tra cespugli, cercando di coprirsi alla meglio col fogliame, visto che gli occhi di Ferruccio ed Erasmo non si staccavano da loro.

- Meno male che non te le sei mangiate! - disse Erasmo.

- Vi piacciono? Ve le regalo! Tanto fra due settimane mi arrivano le nuove.

- Grazieee! - risposero i due all’unisono.

- Piuttosto, spiegatemi questa storia perché la cosa non mi convince. Secondo voi, queste non sarebbero delle vere vergini, ma delle copie che Rivelinov faceva fare per soddisfare le mie richieste!

- E non solo le tue richieste, immagino.

- Scendo in città e la distruggo, ne ho tutto il diritto!

- Aspetta, Odoardo, calmati. Torniamo alla grotta e ragioniamo. Mai lasciarsi prendere dal primo impulso.

Tornarono alla grotta per esaminare la situazione.

- Cavaliere, per favore liberateci! Lasciate che torniamo alle nostre case. Rispettate il vostro codice d’onore, e noi non finiremo mai di ringraziarvi! - implorò allora una delle ragazze.

- Calma ragazze, dovete avere pazienza, non è mica così semplice. - intervenne Erasmo.

- Perché non è semplice? Voi ci liberate dalle catene e noi vi baciamo per ingraziarvi. Nelle storie così fanno! - disse l'altra ragazza.

- Eh, no! Il codice parla chiaro: il cavaliere deve uccidere il drago per liberare la damigella o damigelle. Ma, intanto, qui il drago non è stato ucciso e voi, per di più, siete state da lui donate al cavaliere (e a me). Sarebbe una grave scortesia nei suoi confronti lasciarvi andare così! Mostreremmo di non aver apprezzato il suo gesto! - proseguì Erasmo.

- Ma come potete parlare così! Intendete forse tenerci in schiavitù? Lasciateci tornare alle nostre case! - disse l'altra ragazza.

- Purtroppo non è solo una questione di cortesia. La legge è legge! Non possiamo violare il quinto emendamento della costituzione! - continuò Erasmo.

- Il quinto emendamento?!

- Quello che tutela la proprietà privata! "Nor shall private property be taken for public use, without just compensation", quello che per mezzo secolo impedì l'abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. Non possiamo liberarvi senza avere il giusto compenso dallo Stato.

- Tutti gli stronzi noi li troviamo! - disse sottovoce una delle ragazze.

- Zitta! - le disse l'altra, poi verso Erasmo: - Come potete parlare così? La vostra religione non vieta forse di possedere esseri umani?

- Certamente, ma vi ricordo l’ultimo pronunciamento del comitato di bioetica: essendo due clone non provenite da uno zigote, quindi per la nostra religione non avete anima e neanche diritti umani.

Le clonazze si misero a piangere sommessamente, commosse dalla sensibile sapienza dei liberatori.

Ferruccio invece era sorpreso e compiaciuto dagli argomenti di Erasmo: pensare che in un primo momento era stato tentato di liberarle. Meno male che la ragione aveva prevalso sull’istinto.

Odoardo riprese a parlare:

- Tra quindici giorni mi arriva il nuovo carico. Vi cederò quattro vergini e potrete giocare a calcetto coi giocatori. Vi faccio capitani anche se ne viene un altro bravo col codino.

- Maledetto! È riuscito a clonare anche Baggio! - pensò Erasmo, pensando ai mondiali, poi si rivolse a Odoardo:

- Mi sembrerebbe più giusto dividerci le vergini in parti uguali: quattro a testa.

- Dici bene, ma io ho due teste.

- Basta! - interruppe Ferruccio - Non siamo qui per mercanteggiare, io sono venuto qui per ucciderti e conquistare la principessa!

- Invece spargeremo la voce che sei rimasto ucciso tu, nel tentativo. - gli rispose Erasmo.

- Nascerà una leggenda eroica sulla tua morte e la principessa si innamorerà di te, come ha fatto con quell'altro! - continuò Odoardo.

- Già. Ma io, da morto, che me ne faccio del suo amore? Tutto per due vergini all’anno? Almeno fossero tre o quattro!

- Vada per tre, ma è l'ultima offerta. E le prime due me le scelgo io. - concesse Odoardo.

- La prima soltanto, Odoardo, o non ne facciamo niente. - interruppe Erasmo. - Piuttosto dicci del concorso: come possiamo prepararci?

- Per quello non c’è problema: sono io il presidente della commissione!

- È fatta, Ferruccio! Questa volta ci sistemiamo, pensa come sarà contenta tua madre.

Ferruccio era veramente scosso dai dubbi. Balbettò: - Almeno potrei avere anche la clona di Michelle Pfeiffer?

- Ma certo, mando un fax a Rivelinov e te la faccio avere! - disse, ridendo, Odoardo.

- E la principessa? Come farò senza il suo amore?

- Animo, Ferruccio, se è destino lo sapremo nel prossimo capitolo. - lo rincuorò Erasmo.

- Bene, ragazzi, festeggiamo! Portate le clonazze! - gridò Odoardo.

- Guarda... che ormai ce le hai regalate!

- Orco, è vero! E ora queste due settimane che faccio?

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Pubblicato il 23 settembre 2014; ultima modifica il 26 settembre 2014.

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